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L’importanza della passività nelle toronto bridge

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L’importanza della passività nella protesi implantare

“È stato ampiamente dimostrato in letteratura come una delle maggiori cause di insuccesso implantare sia la trazione esercitata da un non corretto accoppiamento della struttura protesica rispetto alla fixture.”
Questa era l’affermazione del Prof. Per-Ingvar Branemark, il padre dell’implantologia moderna, nel lontano 1985.

A distanza di oltre 35 anni, però, la valutazione della passività di un lavoro implantare rimane una questione complessa e di difficile risoluzione

I primi passi e le difficoltà iniziali

Fin dai miei primi anni di lavoro, ho dovuto affrontare questa sfida cruciale, soprattutto con le protesi Toronto. Già nei primi lavori eseguiti nel laboratorio, più di 30 anni fa, con gli impianti Branemark Estheticon e la tecnica della fusione a cera persa, il problema della passività si presentava in modo evidente.

Posseggo più di una decina di libri sull’argomento per approfondire le diverse tecniche di fusione.

Provavamo la struttura sul modello, la tagliavamo e la saldavamo. Una vite che tirava “poco” era considerata accettabile, e la struttura veniva mandata dal dottore sperando che avrebbe richiesto correzioni minime. Ma quasi mai andava così: il lavoro spesso tornava in laboratorio per ulteriori modifiche.

Questo processo, ripetuto più volte, richiedeva una pazienza infinita e un’abilità tecnica fuori dal comune.

L’arrivo della sistematica Cresco-Ti

Con il progresso tecnologico, siamo stati tra i primi laboratori a utilizzare la sistematica Cresco-Ti.

Questo approccio prevedeva la fusione della struttura in titanio (all’epoca si usava principalmente oro) a cera persa, seguita da una passivazione tramite tornio a controllo numerico e una serie di saldature laser sequenziali.

La tecnica era affascinante ma impegnativa: tutto dipendeva dalla manualità del tecnico e dalla rigorosa osservanza di un protocollo dettagliato. Questa esperienza mi ha insegnato una nuova concezione della passività, trasformandola da una sensazione a un dato oggettivo e controllabile. L’esperienza maturata grazie a centinaia di toronto passivate realizzate con questa sistematica, ha portato ad una elevata crescita del team delle Toronto e alla realizzazione di un rigido protocollo per la valutazione della passività.

L’avvento del CAD-CAM: vantaggi e limiti

Oggi, le metodiche CAD-CAM con macchinari a controllo numerico sono le più diffuse per produrre strutture avvitate passive. Questi sistemi hanno migliorato la qualità media delle protesi, poiché sono meno influenzati dalla manualità dell’operatore. Tuttavia, non sono privi di limiti.
Negli anni, ho ricevuto diverse Toronto fresate da centri di fresaggio, che ho dovuto restituire perché non risultavano passive. Questo dimostra che non basta dire “la faccio al CAD-CAM” per garantire un risultato ottimale.

Come controllare la passività di una struttura avvitata

Ad oggi, i metodi di controllo della passività restano soggettivi, legati all’esperienza del medico. Il controllo radiografico e il test di Sheffield, (per fermarsi a quelli eseguibili nel cavo orale) non danno certo un risultato esaustivo e incontrovertibile e molte volte la valutazione della passività è più un “mi sembra che la vite sforzi un po’” o un “no, non tira”…

Un protocollo per garantire risultati ottimali

Penso che una struttura avvitata realmente passiva si possa ottenere solo attraverso un attento e scrupoloso susseguirsi di fasi e decisioni operative legate a un protocollo collaudato. Questo protocollo deve considerare numerosi aspetti tecnici, la scelta dei materiali più efficaci e le tecniche da eseguire, elementi che difficilmente si possono esaurire o concentrare esclusivamente nell’atto di produzione della Toronto.

“Io la faccio al CAD-CAM, perciò va bene” non è sicuramente un argomento esaustivo. Negli anni mi è capitato di ricevere Toronto fresate da diversi centri di fresaggio e, in alcuni casi, ho dovuto rimandarle indietro affinché venissero rifresate, poiché non risultavano passive.

Con il tempo, e dopo molti errori, ho capito quanto sia fondamentale rispettare ogni passaggio per aiutare realmente i miei clienti e i loro pazienti. Solo così si possono avere prove che si svolgono in tranquillità e velocità, concentrandosi sugli aspetti più estetici e meno tecnici.

A noi fabbricanti spetta il compito di scegliere gli analoghi da utilizzare, di colare un modello ottimale e di prestare attenzione ai piccoli dettagli che, nel lavoro di ogni giorno, si trasformano pian piano in una routine consolidata.

Solo adesso, dopo anni di esperienza e parecchi mal di testa, riesco a offrire una struttura realmente passiva, certificata attraverso un documento esclusivo. Questa certificazione assicura e garantisce oggettivamente la totale neutralità della struttura sugli impianti.

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