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Dottore non si preoccupi, la toronto tutto bene

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Sostituzione della protesi fissa toronto: garantire il successo con il metallo composito

Nella terza settimana di maggio, mi trovavo in uno studio vicino a Torino e, insieme al clinico, abbiamo deciso di sostituire una protesi fissa Toronto superiore in zirconia con una protesi fissa Toronto in metallo composito, al fine di venire incontro alle esigenze della paziente.

La paziente era soddisfatta del colore e della forma della toronto precedente, ma lamentava problemi di pulizia dovuti allo spessore eccessivo della struttura, e una persistente sensazione di peso (la protesi in zirconia pesava 72 grammi).
Per questi motivi, aveva deciso di rivolgersi a uno studio medico diverso per la realizzazione della toronto inferiore.

Visto che la paziente era contenta della forma, della DVO e del colore della toronto precedente, ho deciso di realizzare direttamente il modello master partendo dalla sua protesi, avvitando gli analoghi, colando il modello in gesso e prendendo l’impronta della forma dei denti con un silicone a due componenti.

Comunico in studio che alla prossima seduta avremmo eseguito la prova denti e della chiave di passività, giusto per scrupolo e per essere sicuri del risultato, ma ero convinto che non ci fosse bisogno di alcuna correzione.

PER FORTUNA NON MI FIDO MAI… NEMMENO DELL’OVVIO!

Problemi con la passività nella protesi fissa Toronto: come risolverli con il Protocollo Negri

Invece, con mio grande stupore e un bel po’ di imbarazzo, la chiave metallica per la passività prodotta secondo il Protocollo Toronto Negri non si avvita assolutamente in bocca.

“Ma come cazzo è possibile?” penso tra me e me.

Ripasso mentalmente tutti i passaggi fatti in fretta, mentre il dottore si gira con un’espressione incredula e perplessa verso di me. E la stessa posizione degli impianti della sua vecchia toronto! Ho avvitato personalmente gli analoghi alla sua toronto e sono sicuro di non aver commesso errori in questi passaggi: sono super scrupoloso.

Un dubbio mi assale. Guardo le viti di serraggio della toronto e noto che sono diverse fra loro, disposte a coppia di due (penso: “Brutto segno, non sono viti originali”). Poi osservo la deformazione ovale del buco di passaggio delle viti nei cilindri incollati e, con aria innocente, chiedo: “Signora, le sono mai rotte le viti di fissaggio?

La signora mi guarda e gli occhi le si illuminano: “Sì, lo sapevo! Me le hanno cambiate due o tre volte e mi dicevano.”

In breve, la posizione di ben tre impianti su sei (il 50%) era errata.

Per fortuna, seguendo il Protocollo Toronto Negri, la procedura di ribloccaggio nella chiave è veramente semplice e veloce, senza dover tagliare il metallo con dischi separatori.

Riblocchiamo i cilindri temporanei nella chiave metallica con una piccola aggiunta di composito e, per scrupolo, riproviamo la struttura, avvitandola e svitandola.

La signora ci dice che la sente molto meglio, non come quella di prima che aveva sempre una sensazione di “non a posto”.

Per fortuna che abbiamo fatto la prova passività prima di far fresare la struttura della toronto.

La questione della passività nella protesi fissa Toronto: una riflessione sulla tecnica di incollaggio


Mi sorge un dubbio spontaneo.
Molte volte mi è stato detto da colleghi che realizzano toronto full zirconia che loro incollano senza preoccuparsi troppo, perché se c’è qualcosa di non passivo, la struttura, essendo così rigida, si romperà autonomamente. Per loro, questo significa che il lavoro è sempre totalmente passivo, quindi non c’è nulla di cui preoccuparsi.

Faccio fatica a comprendere come sia possibile eseguire e consegnare un dispositivo senza avere un controllo rigoroso. È davvero corretto sperare che il proprio lavoro si rompa in bocca, se non passivo, con tutte le implicazioni che ciò comporta per il paziente e, soprattutto, per il clinico che si trova a dover ricominciare tutto da capo? Alcuni colleghi, francamente, credo che si facciano del male da soli e, per me, questa è una prassi assolutamente fuori di testa.

Non riesco a capire come si possa incollare una Toronto e definirla passiva al 100% senza avere nemmeno un metodo di controllo.

Ammetto che anch’io uso la tecnica dell’incollaggio nei carichi provvisori immediati, ma solo per urgenze (24-48 ore) e con la consapevolezza che una piccola tensione può essere accettata in questa fase, poiché l’osso sta ancora guarendo e rimodellandosi.

Ma non incollerei mai una struttura definitiva in zirconia o metallo, una volta che l’osteointegrazione è completata. Ogni tensione non gestita potrebbe scaricarsi o a livello della vite (causandone la rottura), o a livello dell’impianto (provocando danni) oppure potrebbe portare a deformazioni, come l’ovalizzazione dei fori di passaggio per le viti, danneggiando così l’intera struttura e le sue componenti.

Non capisco davvero come nel 2023 un odontotecnico possa lavorare in questo modo, con così tanta approssimazione e improvvisazione, creando ogni giorno ansia e preoccupazione per il medico, che si ritrova a lavorare con le dita incrociate, sperando che questa volta non ci siano inconvenienti, ritardi o rifacimenti da giustificare.

Mi piacerebbe davvero che qualcuno mi spiegasse come mai questa situazione venga accettata nella moderna odontoiatria. Come può essere che, quando la realizzazione di un lavoro procede senza intoppi, questo venga considerato un’eccezione invece che la normalità? È come se dovessimo invocare una formula magica, tipo “Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio”, per evitare problemi e contrattempi durante una giornata di lavoro.

Davvero vogliamo che l’odontoiatria sia così?

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